tortelli di zucca emiliani al burro, salvia e succo di melograno
Sono da qualche giorno tornata da Parigi dove ho tenuto un corso di cucina siciliana. Armata della mia fida Gialletta, con la valigia carica di formaggio ragusano, un po' di farina Russello e tanta voglia di far conoscere le nostre cose buone, ho insegnato a fare le scacce, i cavatelli (o gnucchitta) e le tagliatelle.
I miei cari amici Florance e FX hanno aperto la loro casa a me e ai loro amici appassionati di cucina, per passare delle ore tutti insieme a divertirci tra farina, olio, uova, formaggio e chiacchere.
É stato per me un'esperienza emozionante come non mi capitava da tanto tempo, dai tempi di un'altra vita, di un'altra casa (quella in mezzo agli ulivi vicino al mare) di un lavoro amato e pieno di soddisfazione.
A Parigi non tornavo da quasi 5 anni.
É strano tornare in una città dove nella vita si è andati spesso, che hai sempre sentito "tua", quando, dall'ultima volta che l'hai lasciata, la tua esistenza è stata stravolta.
Quella città può ancora rappresentare un luogo in cui puoi ritrovare molto di quella parte di te che forse pensavi di aver perso per sempre, andata via con i propri sogni e le proprie speranze.
Nello stesso tempo viene data la possibilità di sentire la città con questa nuova parte di te provata, non ancora del tutto rinata, ma che, appunto, non è più come l'ultima volta.
Per cui ritorni in Place des Vosges attraverso il giardino dell'Hotel de Sully, ti siedi, guardi gli alberi autunnali, spogli con qualche foglia gialla, l'architettura rosa scuro che la circonda, le fontane senz'acqua zampillante, le panche verdi un po' scolorite, i bambini che giocano, le giovani coppie che si baciano, gli anziani che guardano chi con nostalgia, chi con malessere.
Poi ritorni in quella piazzetta che ogni volta non ricordi dove si trovi di preciso e neanche come si chiami, ma sai che è lì vicino. Non ha palazzi particolari, potrebbe essere scialba se non fosse per i suoi alberi che stanno nel mezzo, una specie asiatica dai rami molto leggeri e un fogliame semplice. Riprendi il taccuino e scrivi qualcosa, forse è la stessa che scrivi ogni volta che ti trovi lì.
Da qui salti su rue Saint Antoine e da lì ancora nel quartiere Saint Paul. Cammini, cammini e senti che i quasi 5 anni sono passati anche per la tua resistenza, il tuo fiato, e senti il bisogno di fermarti.
Un altro giorno scendi a Saint Germain de Prés e dopo un passaggio veloce al caffè de Flore, ti accorgi che non c'è più una libreria storica, La Hune, e ripieghi su un'altra, anch'essa storica ma che ha resistito, l'Ecume des pages. Poi vai per Rue Bonaparte, arrivi alla Senna, l'attraversi su un ponte di legno pedonale, vedi i bateaux, senti l'odore dell'acqua dolce, dai un'occhiata ai bouquiniste lungo il quai poi ti ritrovi davanti il retro del Louvre, attraversi l'immensità del "cortile" con la piramide. Scorgi i giardini di Tuileries ma tu vai per rue Saint honoré, ti perdi per un attimo e scorgi l'Opera con la sua cupola schiacciata e ti sovviene la sua volta affrescata dalla dolcezza visionaria di Chagall. Prosegui un po' persa e stanca e ti ritrovi a mangiare pastrami. Passi per Les Halles, il Centre Pompidou e ti ributti di nuovo nel Marais attraverso l'imbocco stretto di rue des Rosiéres. Da lì siamo in direzione Place des Vosges, un'altra volta perchè si ritorna sempre nei luoghi che ci appartengono.
Se credessi nella reincarnazione sono sicura che questa piazza debba essere stata un luogo della mia vita precedente perchè mi sento a casa, a mio agio, così fu la prima volta che la vidi e così è ogni volta che mi ci trovo.
Le città che amiamo e che non viviamo, ma in cui torniamo, servono a ricordarci chi siamo, nel bene e nel male, con quella distanza necessaria, a volte estraniante, a volte familiare. Servono a vedere le fasi della nostra vita che si sono succedute, ricordiamo un luogo più legato a un certo momento, assieme a un altro legato a un momento precedente o successivo. É un viaggio senza tempo, che allinea contemporaneamente i ricordi nella nostra memoria.
Ritemprate dal soggiorno parigino io e la mia fida Gialletta siamo qui a organizzare il menù delle feste.
Se per il 24 sera rispetterò la tradizione con il pastizzo della zia Pina (incubo della mia infanzia e delizia della mia età adulta) e per il 25 a pranzo preparerò i tortellini in brodo, che adoro, e che non mi perderei per nulla al mondo, per il 26 è mia prassi fare sempre una pasta asciutta ripiena.
Per molti anni ho sempre fatto i ravioli di ricotta e maggiorana conditi con il sugo di maiale (quello vero, con la carne e non quello finto) invece quest'anno ho pensato di fare i tortelli di zucca emiliani non quelli mantovani che richiedono la mostarda di Cremona che qui non trovo.
Nonostante manchi il pizzicore della senape con cui viene conservata la frutta candita, e il dolce sciropposo, appunto, dei pezzi della frutta, quelli emiliani hanno meno contrasti estremi ma sono comunque deliziosi.
Anche qui metteremo gli amaretti, il parmigiano reggiano e la zucca dalla polpa asciutta come quella mantovana o della delica.
Tortelli di zucca emiliani al burro, salvia e succo di melograno
per 8 persone
per il ripieno
1,300 kg di zucca delica o mantovana
100g di amaretti
150g di parmigiano reggiano 24 mesi o 30 mesi
noce moscata
pepe nero
per la sfoglia
400g di farina di semola di grano duro
3 uova + 1 tuorlo
acqua q.b.
sale
per condire
50g di burro
8 foglie di salvia
50g di parmigiano
20ml succo di melograna
qualche chicco di melograna per decorare
Accendete il forno a 180°C.
Prendete la zucca, tagliatela a fette, disponetela su una teglia, salatela e mettete in forno per circa 40 minuti o finchè non è morbida.
Mettete la farina a fontana in una spianatoia. Rompete le uova, del terzo mettete solo il tuorlo, unite il sale e cominciate a mescolare con una forchetta. Poi passate a lavorare con le mani e se dovesse risultare troppo dura unite un po' d'acqua per rendere l'impasto malleabile.
Impastate per circa 10 minuti. Mettete a riposare in una ciotola coperta da un canovaccio o da pellicola per almeno mezz'ora.Lasciatela raffreddare la zucca e riducetela in purè con una forchetta.
Il tipo di zucca che ho consigliato ha polpa molto asciutta, nel caso dovesse risultare più acquosa, prendete la polpa e fatela "asciugare" in un tegame.
In una ciotola mettete la polpa, unite gli amaretti sbriciolati, il parmigiano grattugiato, il pepe nero e la noce moscata. Amalgamate bene e mettete da parte.
Riprendete la pasta e prelevatene un pezzo per stenderlo, avendo cura di coprire la parte che resta per evitare che asciughi.
Io uso la macchina per la pasta, la mia fida Gialletta. ne prendo un pezzo di circa 100g e la passo allo spessore di 5 che nella mia macchina corrisponde a 2mm.
Preparo una prima striscia su cui metto due file di "noci" di ripieno, poi preparo un'altra striscia e l'adagio sopra e poi ritaglio con la rotella che sigilla.
Man mano che preparate i tortelli adagiateli su un vassoio che avrete cosparso di farina.
Proseguite fino alla fine degli ingredienti.
In un tegame fate fondere il burro con la salvia a pezzetti, sfumate con il succo di melagrana e date un colpo di fiamma vivo e spegnete.
Portate a ebollizione l'acqua e immergete con molta delicatezza i tortelli nell'acqua avendo cura di non metterne troppi ogni volta.
Man mano che li scolate potete metterli nel tegame dove avete preparate il condimento se è abbastanza grande o in un piatto di portata dove li disporrete a strati. a ogni strato mettete un po' di condimento e il parmigiano grattugiato.
Servite appena possibile.
L'idea del succo di melograno mi piace troppo. Provo al più presto a replicarli!
RispondiEliminafammi sapere! <3
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